TELERISCALDAMENTO? La favola, la realtà e la centrale che non serve!
Nei giorni scorsi il TELERISCALDAMENTO è stato citato nel dibattito inerente la vertenza occupazionale della raffineria API di Falconara Marittima come una delle compensazioni per la realizzazione delle centrali termoelettriche. Con queste note riguardo al TELERISCALDAMENTO non vogliamo assumere l’atteggiamento da “bastian contrario” ma ci prefiggiamo di smontare false aspettative che l’argomento può alimentare tra i lavoratori e la popolazione falconarese, aspettative che ripercorriamo storicamente dal primo TELERISCALDAMENTO favoleggiato, quello legato alla realizzazione della attuale centrale termoelettrica IGCC in funzione dal 2000.
Lo faremo producendo documenti del 1992 - 1995 ed odierni e non con opinioni!
I Lavoratori API, lo ribadiamo, a nostro sommesso parere dovrebbero rivolgere alla Società API la rivendicazione di investimenti sulle energie rinnovabili, oltre ovviamente alla sicurezza e manutenzione degli impianti attuali.
E questa rivendicazione dovrebbe essere avanzata insieme a quella parte di cittadinanza che, ci permettiamo di dirlo, non mostra interessi “pelosi” o confusionali nei confronti del piano industriale dell’Azienda petrolifera e del futuro dei lavoratori stessi, bensì si mostra più sensibile ai livelli occupazionali, salariali, sanitari e di futuro dell’intero territorio.
Noi, ci permettiamo di ascriverci a questa parte di cittadinanza!
UN PO’ DI STORIA CHE SI RIPETE!
Di teleriscaldamento si favoleggiò a Falconara Marittima e a Jesi quando furono progettate rispettivamente le centrali termoelettriche a cogenerazione IGCC dell’API e della SADAM di Jesi.
La stampa del periodo - 1991/1992 - rilanciava quotidianamente le tesi dei politici di allora favorevoli ai progetti che parlavano della “disponibilità di poter usufruire di calore per teleriscaldamento da utilizzare per riscaldare locali comunali e magari edifici per uso pubblico e privato“.
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In effetti l’API inserì nel suo progetto termoelettrico IGCC il possibile riutilizzo di calore altrimenti disperso - cioè il teleriscaldamento - quale esternalità positiva (quindi a vantaggio della collettività) prodotta dall’impianto insieme alla cogenerazione di energia e il riutilizzo di scarti della lavorazione del petrolio (il tristemente famoso rifiuto nocivo chiamato tar o catrame acido). Esternalità che le garantivano succulente sovvenzioni per ogni KWh di elettricità prodotta!
Secondo la Relazione della Commissione dei Tecnici nominata dalla Provincia di Ancona datata Febbraio 1995, grazie alle favorevoli disposizioni di Legge ed ai decreti del CIP (Comitato Interministeriale Prezzi), con quella centrale IGCC l’API si vedeva riconosciuti dall’ENEL 122 £/KWh per l’elettricità prodotta, cioè un margine di utile di 76 £ a fronte di 46 £ di costo di produzione di 1 KWh!
Una cifra molto elevata che avrebbe prodotto utili annui di £ 110.000.000.000 che sono stati aggiornati al 2005 ad “almeno 150 milioni di €uro in sovvenzioni CIP 6 su un fatturato del gruppo di 2,7 miliardi di €uro e utili di 96 milioni di €uro”! (Inchiesta pubblicata nel n° 75 di ALTRECONOMIA Settembre 2006).
http://www.comitati-cittadini.org/wp-content/uploads/2009/10/altraeconomia-scheda.pdf
Come previdero i Professori della Commissione nel 1995 “i riferimenti a future utilizzazioni per il Teleriscaldamento rimangono puramente platonici in assenza degli strumenti di pianificazione necessari (Piano Regionale del Teleriscaldamento) ma soprattutto degli enormi investimenti necessari se si volesse procedere a teleriscaldare insediamenti già esistenti“.
Dunque del teleriscaldamento non si vide traccia a Falconara (e neanche a Jesi) con buona pace per la propaganda pro-API dei politici di allora e buona sorte per i lauti profitti dell’API che destinò tutti i KWh di energia elettrica prodotta alla vendita sovvenzionata all’ENEL.
La Commissione dei Professori nominati dalla Provincia si era basata sulla documentazione dello Studio di Impatto Ambientale per la centrale IGCC di API raffineria il quale includeva anche l’Analisi Preliminare di Fattibilità del teleriscaldamento all’Università degli Studi di Ancona (Dipartimento di Energetica e Dipartimento di Meccanica) datata 18 Aprile 1992.
http://www.comitati-cittadini.org/wp-content/uploads/2009/10/teleriscaldamento-api.pdf
Oggi, quella stessa Analisi dell’Università sul teleriscaldamento del 1992 è inserita tra gli allegati dello Studio di Impatto Ambientale per le centrali termoelettriche da 60 + 520 MWe che API Nòva Energia pretende di realizzare a Falconara Marittima!
FIN DOVE ARRIVA L’IMPEGNO DI API NOVA ENERGIA
PER IL TELERISCALDAMENTO
Gli impegni che oggi, 2009, API Nòva Energia si assume sul teleriscaldamento eventualmente connesso alle nuove centrali termoelettriche sono chiaramente esposti nelle MISURE DI COMPENSAZIONE proposte e contenute nell’Allegato 13 del documento dello Studio di Impatto Ambientale - capitolo INTEGRAZIONI in cui l’Azienda dichiara la:
“disponibilità a realizzare all’interno dello stabilimento gli impianti necessari ad alimentare una rete di teleriscaldamento esterna che possa coprire le necessità del territorio in un raggio di 10-15 Km. Costo stimato circa 900.000 €“
Sottolineiamo il “realizzare all’interno dello stabilimento“, cioè fino al suo confine, perché poi il resto dell’opera di infrastrutturazione necessaria per teleriscaldare sarà a carico degli Enti locali, cioè a carico di noi utenti e delle nostre tasse.
Ma la situazione finanziaria degli Enti locali odierna non è tanto cambiata dall’analisi che fecero i Professori della Commissione della Provincia nel 1995: “A Brescia la rete di distribuzione dell’energia termica, realizzata più di venti anni fa (ndr.: 1974) è stata una parte di investimento del tutto confrontabile con il costo delle centrali. Gli investimenti sono stati realizzati in tempi di basso costo del denaro con un fortissimo intervento pubblico (prestito I.M.I. a basso tasso di interesse) attorno a 100 miliardi di £ dell’epoca. (…) gli investimenti a Brescia, Reggio Emilia, Mantova, fatti per costruire la rete di distribuzione costarono poco allora in regime di bassi tassi di interesse e di disponibilità finanziarie da parte degli Enti locali. Oggi configurano costi molto elevati che coloro che presentano progetti di cogenerazione non contemplano nei piani finanziari (…) i costi di costruzione della rete di distribuzione dell’energia termica non possono certamente essere sopportati, nella attuale congiuntura di restrizioni di bilancio, da alcun Ente locale“
TELERISCALDAMENTO:
PER CHI, QUANTO COSTA, QUANTA OCCUPAZIONE
Vediamo alcuni dettagli di che cosa dice quella Analisi dell’Università di Ancona sul teleriscaldamento che, naturalmente, ci fornisce alcune cifre i £ire e che Api Nòva Energia ha riproposto anche per il progetto odierno delle centrali termoelettriche da 520 + 60 MWe!
In primo luogo - per vari motivi tecnici tra cui evitare dispersioni di calore - l’Analisi prendeva (1992) in considerazione poli ad una distanza non superiore ai 10 Km: Ex Montedison - Centro direzionale Castelferretti - Utenze ex FIAT Collemarino - ITIS Volterra Torrette - Centrale del latte Torrette - Scuola Materna Torrette - Scuola Media Torrette - Facoltà di medicina in costruzione a Torrette - Ospedale regionale Torrette.
E specificava:
- 1) “Non sono considerati allacciabili gli stabili non riscaldati e quelli con riscaldamento autonomo unifamiliare di recente realizzazione, per i quali la riconversione da impianto autonomo a teleriscaldamento potrebbe comportare eccessivi oneri” (pag 25 e 26);
- 2) “I costi delle sottostazioni di utenza, così come i costi degli eventuali sistemi ad assorbimento, possono essere a carico di chi gestisce l’impianto di teleriscaldamento o parzialmente o totalmente a carico dell’utente. Essi sono comprensivi di progettazione, fornitura e posa in opera” (pag 31)
- 3) “L’investimento complessivo stimato per la realizzazione dell’impianto di teleriscaldamento, con esclusione dell’eventuale caldaia di riserva, dell’impianto di produzione di energia elettrica e degli assorbitori dell’impianto di teleraffreddamento, ammonta circa a £ 22.506.000.000” (pag 76 - 77)
- 4) Personale
“si ipotizza che l’esercizio dell’impianto venga effettuato con l’impiego di una unità al 2° anno e di 3 unità a partire dal 3° anno nel periodo invernale, di una unità al 2° anno e di 2 unità a partire dal 3° anno nel periodo estivo. Pertanto tali unità saranno impegnate soltanto part time“;
- 5) Contributi di allacciamento:
“Adottando criteri di rapporto con l’utenza seguiti in realizzazioni simili di teleriscaldamento urbano non tutto l’onere per la realizzazione degli allacciamenti e delle sottocentrali di scambio è considerato a carico di che effettua l’investimento. Si prevede che l’utente contribuirà mediamente al 50% dei costi previsti per la fornitura l’assemblaggio e l’installazione degli scambiatori di calore” (pag 79).
Questi punti ci consentono di fare alcune rapide considerazioni:
- a) alcune delle grosse utenze prefigurate nell’Analisi dell’Università non esistono più (centrale del latte) oppure hanno recentemente optato per impianti autonomi di cogenerazione (Ospedale di Torrette) oppure non hanno tempi e progettazione certa.
- b) L’investimento sulla rete esterna del teleriscaldamento per gli Enti locali (con nostre tasse!) oggi sarebbe dell’ordine di 15 - 18 milioni/€ … Se da una parte è un investimento insostenibile per gli Enti locali, dall’altra va detto che nella ipotesi di poter investire quelle cifre con 18 milioni/€ si installerebbero impianti fotovoltaici in circa 1.300 appartamenti la cui autonomia elettrica può anche renderli quasi autonomi in riscaldamento tramite l’utilizzo delle pompe di calore. Quegli appartamenti consumerebbero oltre la metà del metano per riscaldare e solo con l’energia elettrica autoprodotta si eviterebbe di emettere 1.747 tonnellate all’anno di CO2! Basterebbe fare un calcolo di quanta occupazione si creerebbe non solo come installatori ma come intera filiera di produzione di pannelli fotovoltaici in loco (invece di importarli dalla Cina) per pesare la convenienza di questa soluzione rispetto al teleriscaldamento!
- c) L’Analisi dell’Università ci dice che dall’allaccio al teleriscaldamento sono escluse le singole abitazioni poiché la nostra zona è capillarmente servita dal metano, perché ogni abitazione dovrebbe rottamare l’impianto autonomo di cui è dotato. Dati della ASTEM Energy S.p.A. ci dicono che ogni appartamento dovrebbe sborsare una media di € 650 come contributo di allacciamento standard alla rete del teleriscaldamento. Il dato della Regione Piemonte parla di circa € 694! http://www.regione.piemonte.it/energia/teleriscaldamento.html
- d) Inoltre, dulcis in fundo, va tenuto conto che oggi qualsiasi caldaia a condensazione di nuova generazione a metano rispetto ad una caldaia tradizionale permette risparmi dell’ordine del 15-20% sulla produzione di acqua calda e del 25-30% sul riscaldamento nonché un recupero del 55% sull’investimento … Una competitività certa rispetto ad un passaggio al teleriscaldamento! Infine se il calore di scarto della centrale in cogenerazione API non è utilizzato in estate e nelle mezze stagioni esso è dissipato/sprecato nell’ambiente con inquinamento termico locale rilevante. La scelta della centrale cogenerativa di grande taglia per ricavare il teleriscaldamento, comunque, non svincola dal costo in crescita del metano e, soprattutto chiude ogni possibilità alla diffusione della tecnologia solare termica, che da sola può ridurre il fabbisogno di combustibili fossili in misura rilevante.
Ma c’è dell’altro!
PER IL TELERISCALDAMENTO E’ SUFFICIENTE LA SOLA CENTRALE DA 60 MWe DEL PROGETTO API NOVA ENERGIA !
Chi associa il possibile teleriscaldamento alla realizzazione delle due centrali termoelettriche API per complessivi 520 + 60 MWe propaganda una falsità.
Basta leggersi lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) del progetto di API Nòva Energia e tutto risulta immediatamente chiaro.
Nell’INTRODUZIONE, a pag. 3, è dichiarato:
“La nuova centrale a ciclo combinato della potenza complessiva di 580 MWe è composta da due sezioni:
- - una sezione da 520 MWe collegta alla RTN con un elettrodotto a 380 kV per riversare la produzione di energia elettrica sulla dorsale adriatica
- - una sezione da 60 MWe adibita unicamente alla copertura dei consumi interni dello stabilimento e dell’impianto IGCC, ed idonea a fornire in cogenerazione il calore necessario per le utenze interne dello stabilimento, oltre che, eventualmente, per il possibile teleriscaldamento di utenze esterne”
E a pag. 5 nel capitolo CARATTERISTICHE DEL PROGETTO API Nòva Energia dichiara che “Parte del vapore a bassa pressione prodotto dalla caldaia a recupero della sezione da 60 MWe potrà essere utilizzato per riscaldare l’acqua del sistema di teleriscaldamento, la quale verrà esportata come fluido vettore ed utilizzato da utenze esterne“
Che la sezione necessaria all’eventuale teleriscaldamento sia quella da 60 MWe viene ulteriormente confermato al Capitolo 2.3.3 SISTEMA DI TELERISCALDAMENTO/REFRIGERAZIONE (pag. 9) e ancora nella sezione B.3 del SIA a pag. 16 e 17!
In sintesi:
- 1) il teleriscaldamento non c’entra nulla con la costruzione delle due centrali termoelettriche di API Nòva Energia ma riguarda, eventualmente, solo quella da 60 MWe!
- 2) API Nova Energia realizzerebbe la sua parte di competenza di teleriscaldamento soltanto fino al confine della sua proprietà.
- 3) E’ insostenibile l’impegno economico da parte degli Enti locali per realizzare la rete esterna per il teleriscaldamento.
- 4) La tendenza dei poli (come avvenuto recentemente con l’Ospedale Regionale di Torrette) è quella di rendersi autonomi per produzione di elettricità, calore e raffrescamento utilizzando le nuove tecnologie come la micro - cogenerazione e il solare fotovoltaico e termico.
- 5) Il teleriscaldamento non potrà mai interessare le singole abitazioni sia per gli alti costi richiesti agli utenti (rottamazione caldaie a metano - costi allacciamento al teleriscaldamento) sia per la assoluta competitività e convenienza delle attuali caldaie a condensazione e delle stesse fonti rinnovabili (fotovoltaico + pompe di calore).
- 6) E’ necessario svincolarsi dalla centrali cogenerative di grande taglia per ricavare il teleriscaldamento poiché non svincola dal costo in crescita del metano, vincola ad un solo produttore e, soprattutto, chiude ogni possibilità alla diffusione della tecnologia solare termica, che da sola può ridurre il fabbisogno di combustibili fossili in misura rilevante.
Ma vogliamo concludere con le parole dell’Ing. Mario Palazzotti, per molti anni responsabile dei sistemi termotecnici del Centro Ricerche Fiat: «La differenza tra il teleriscaldamento e la micro-cogenerazione diffusa non è nella grandezza dell’impianto - spiega Palazzetti - ma è qualitativa. Nelle centrali termoelettriche si produce calore ad alta temperatura per far girare le turbine collegate agli alternatori che producono energia elettrica. Per riutilizzare l’energia termica degradata che si recupera come sottoprodotto, occorre trasportarla a distanza costruendo un’apposita rete di tubi sotterranei che hanno costi d’investimento molto alti, mentre la riutilizzazione del calore avviene solo nei mesi invernali. Negli altri mesi si continua a sprecarlo, per cui il vantaggio ambientale è limitato. Invece la micro-cogenerazione diffusa sostituisce gli impianti di riscaldamento e il `sottoprodotto’ è l’energia elettrica, che si può utilizzare direttamente e/o riversare in rete senza costi d’investimento perché la rete elettrica già esiste. Quindi non ci sono mai sprechi».
“Per produrre cogeneratori e rigeneratori” - aggiunge l’Ing. Maurizio Pallante - “occorrono la stessa tecnologia, gli stessi impianti e le stesse professionalità che occorro per produrre le automobili. Invece di far finta di credere che la nostra industria automobilistica possa tornare agli antichi splendori aumentando la flessibilità e riducendo l’occupazione, non sarebbe meglio riconvertirla in parte nella produzione di queste nuove macchine? A partire dalle taglie più piccole per favorirne una diffusione di massa?“.
Lasciateci aggiungere: un serio piano industriale dell’API non dovrebbe guardare anche a questo futuro?
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